Ieri
Ricordo… forse una decina d’anni fa, un viaggio nel Salento.
Lecce mi colpì al cuore con una piazza: Piazza Sant’Oronzo, si chiama. Un posto che ti fa capire che De Chirico non inventò niente, era già tutto lì, ed era vero. Si può vedere come quella bellezza abbia probabilmente suggerito uno stile pittorico che sconvolse la storia dell’arte del ‘900. Forse De Chirico passo da giovane a Lecce e… si limitò a copiare! Edifici barocchi e di altre epoche si affacciano sulla piazza di pianta disomogenea e poi, improvvisamente… ti imbatti in un teatro romano coi suoi imponenti gradoni che sembrano balzare fuori all’improvviso dalle viscere della terra.
Il caso – ma esiste il caso? – volle che proprio lì, su quella piazza, si trovasse la mia meta. Infatti avevo chiesto ad amici leccesi di indicarmi quale fosse la pasticceria da visitare nel caso di una rapida puntata nel capoluogo salentino. La risposta era stata perentoria e significativa: Caffè Alvino.
Non rimasi deluso, anzi. Mi trovai catapultato – di nuovo – in altre suggestioni storico letterarie. Il Caffè Alvino ti permetteva di immergerti in certe atmosfere “di sud” da romanzi di Brancati. Mi dissi: dovevano essere così le pasticcerie di provincia della Sicilia degli anni ’30. Sentivo tutta la suggestione emanata dalla storia stratificata su quelle mattonelle che stavano aggrappate al muro con sempre maggiore fatica. Qualcuna aveva già ceduto alla forza di gravità. Il clima era quindi decadente e la pulizia dei locali un vistoso optional. Ma c’era un’atmosfera straordinaria.
Per non dire delle paste. Un livello eccezionale di ogni ben d’Iddio per golosi. Ricordo – non me la dimenticherò mai – in particolare una pasta dalla forma curiosa, quella di una cartuccia da caccia. Sapeva di pasta mandorle? Il ricordo si stempera nella mia leggenda personale che parla di un equilibrio mai ritrovato. Il godimento era pieno. Ne ordinai una grossa quantità da asporto e continuai a consumarle nei giorni successivi con enorme rispetto. Fino all’ultima.
Oggi
Ho commesso un grave errore.
Memore di quella visita ho ceduto alla curiosità – “chissà che ne è del Caffè Alvino oggi…” – e sono andato sulla rete con l’illusione di rivivere parte di quelle emozioni e ho scoperto…
Mamma mia, che brutto risveglio!
Il Caffè Alvino è stato “ristrutturato” con il solito scintillio di materiali fasulli e specchi da alcova. Mi sbilancio una volta per tutte sul tema “arredamento pasticcerie”: capisco uno che faccia piazzare tanti specchi in camera da letto per rimirare se stesso e l’amante durante tutte le fasi della copula, ma mi chiedo: serve lo stesso per mangiare una granita?
Ma il peggio arriva se – vi invito a farlo se avete voglia di ridere un po’ – si va a curiosare nelle foto del sito, una quantità esorbitante di immagini tutte dedicate al giorno dell’inaugurazione. Sembra l’apocalisse, la fiera del cattivo gusto italico.

Non mancano il sindaco, il vescovo, le signore vestite con mise improbabili e mal consigliate, insomma, sembra il matrimonio del figlio di un mafioso.
Assassini, avete mandato in frantumi il mio sogno goloso, meglio avessero fatto quella fine i vostri orrendi specchi!
Mi auguro che almeno la qualità delle paste sia rimasta intatta, in fondo è quella che conta.
O no?
Godo
PS Ringraziamo per la foto nelsalento.com